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Montare o non montare?

Dr. Edoardo Marchese


INTRODUZIONE

“Montare o non montare? Questo è il problema!”

Il famoso dubbio amletico si adatta molto bene alla annosa domanda se il montaggio in articolatore in relazione centrica sia più o meno utile nella diagnosi ortodontica.

Negli anni ’70 il dr. Roth propose il montaggio in articolatore come un ausilio diagnostico fondamentale per registrare la relazione centrica stimata del paziente. Bisogna ricordare che proprio in quegli anni Gerber e la scuola di Zurigo iniziarono a criticare il vecchio concetto di relazione centrica (CR), proponendo la centratura dei condili nella cavità glenoide e verso la fine del decennio furono pubblicati molti lavori che iniziarono a considerare come CR la posizione dei condili contro l’eminenza articolare.

La posizione di CR viene infine definita e così descritta nel ‘Glossary of prosthodontic terms’:

“Una relazione maxillo-mandibolare nella quale i condili articolano con la porzione avascolare più sottile dei loro rispettivi dischi con il complesso nella posizione antero-posteriore contro la curvatura dell’eminenza articolare. Questa posizione è indipendente dal contatto dentario. Questa posizione è clinicamente distinguibile quando la mandibola è diretta superiormente ed anteriormente e ristretta a movimenti di rotazione pura attorno ad un asse orizzontale trasverso”.

Diventa la posizione articolare da preservare o da ripristinare in ogni intervento odontoiatrico. Dawson propone la sua famosa manovra bimanuale per registrare la posizione di CR.1

Il montaggio in articolatore in CR diviene pertanto un passaggio imprescindibile nelle riabilitazioni protesiche, nelle quali si deve ricreare un rapporto intermascellare corretto con i condili centrati nelle rispettive cavità glenoidi e disclusione posteriore nei movimenti escursivi.

Il montaggio in articolatore in ortodonzia

Mentre in protesi e gnatologia il montaggio in articolatore in CR rappresenta un incontestato presidio diagnostico, nel mondo ortodontico il dibattito è ancora molto aperto. La scuola di Roth, il quale affermava che l’ortodontista è “lo specialista che più degli altri modifica l’occlusione”, propone il montaggio per valutare la CR iniziale del paziente e la discrepanza tra la CR e l’occlusione abituale (CO) come completamento del percorso diagnostico per poter formulare un piano di trattamento adeguato. Viceversa, molti illustri ortodontisti affermano che il montaggio in articolatore non modifica la valutazione diagnostica in modo significativo e pertanto la sua esecuzione è giudicata del tutto superflua.

Cosa fare? La frase del principe Amleto risuona ancora più forte.

Questo confronto di opinioni è stato affrontato sul n. 1 di gennaio 2012 della prestigiosa rivista American Journal of Orthodontics and Dentofacial Orthopedics (AJODO) nella bella rubrica ‘Point/Counterpoint’, dove 2 pareri contrapposti propongono ognuno il proprio punto di vista.

Il primo punto (Point), perché eseguire il montaggio in articolatore, viene presentato dai dottori Cocconi e Martin esordendo con la famosa frase di Amleto, frase che ho preso in prestito per il titolo di questo articolo.2 L’uso dell’articolatore, secondo gli Autori, non deve essere correlato ad una filosofia ma deve rappresentare solo ciò che è meglio per il paziente. Sebbene molti articoli abbiano riportato che l’uso dell’articolatore non è ‘evidenced-based’, in realtà questo tipo di ricerca dovrebbe porsi in un contesto clinico appropriato. Dal punto di vista strettamente clinico, dovrebbero essere considerati diversi aspetti. “L’articolatore è soltanto uno strumento clinico che possiamo usare per ottenere una diagnosi più completa. Più informazioni abbiamo sul nostro paziente, migliore sarà la diagnosi ed il piano di trattamento”. Quindi, riguardo il suo utilizzo, il punto non è sì o no ma piuttosto perché no? Un ortodontista può fare un buon trattamento senza usare l’articolatore ma il suo uso può aiutarlo a fornire un trattamento migliore in molte situazioni cliniche. Il montaggio fornisce una buona valutazione sia dell’occlusione statica che dinamica, consente la misurazione della discrepanza CO/CR, individua il primo contatto, consente di fare un set-up sui modelli montati, rende più efficiente la finitura nella fase terminale del trattamento, è utile nella pianificazione chirurgica ortognatica, è utile per costruire splint accurati, aiuta nel coordinare il nostro lavoro con il protesista nei trattamenti multidisciplinari. Inoltre proprio perché siamo ortodontisti e, come diceva Roth siamo quelli che più di tutti spostano i denti, abbiamo la necessità di correlare l’occlusione ad una specifica posizione articolare. L’obiettivo di ogni ortodontista dovrebbe essere la stabilità ortopedica e una posizione muscoloscheletrica stabile. In conclusione, gli articolatori sono strumenti clinici affidabili scelti dalla gran parte dei migliori clinici in ogni campo dell’odontoiatria per ottenere eccellenti trattamenti.

Il secondo punto (Counterpoint), perché NON eseguire il montaggio in articolatore, viene invece presentato dai dottori Rinchuse e Kandasamy.3 Secondo gli Autori, in letteratura non vi è evidenced-based sufficiente a suffragare l’uso dell’articolatore, riportando tra l’altro diversi articoli degli stessi. Pur riconoscendo l’importanza degli articolatori in protesi e in chirurgia ortognatica per mantenere una determinata dimensione verticale per scopi di laboratorio, giudicano il loro utilizzo come strumento di valutazione ortodontica un mero esercizio pro forma di nessuna validità. Citando studi recenti affermano inoltre che una specifica occlusione, la posizione condilare e l’allineamento delle ossa mascellari non sono più considerate cause primarie di disordini temporomandibolari. La diagnosi e il trattamento dei disordini temporomandibolari è cambiata da un modello basato sui denti ad un modello biopsicosociale che integra fattori biologici, comportamentali e sociali all’insorgere, al mantenimento ed alla mitigazione di tali disordini. Affermano inoltre che non è dimostrato che i records per registrare la relazione centrica siano affidabili, e non c’è alcuna evidenza che ne supporti la validità. La loro conclusione è che “se sappiamo che posizioni condilari specifiche, scivolamenti, e i più minuti dettagli dell’occlusione non sono predittivi di disordini temporomandibolari, che gli articolatori non simulano accuratamente i movimenti condilari, e che i records di CR non posizionano realmente i condili nella loro posizione stimata, allora cosa stiamo cercando di ottenere in realtà da un montaggio di routine dei modelli dentali sugli articolatori? . . . L’evidenza convincente è contro il montaggio di routine dei modelli sugli articolatori”.

Lo scopo del ‘Point/Couterpoint’ è, come detto sopra, di fornire al lettore un’informazione il più accurata e scientifica possibile su due opinioni contrapposte onde poter effettuare una scelta ragionata. In questo caso, alle argomentazioni dei dottori Cocconi e Martin sulla validità dell’articolatore come valido strumento nella diagnosi e nella valutazione della posizione condilare si contrappone il parere dei dottori Rinchuse e Kandasamy che affermano invece l’inutilità del suo utilizzo nelle valutazioni temporomandibolari ma che ne riconoscono la validità in protesi e in chirurgia ortognatica.

Sempre parafrasando Shakespeare, in questo articolo non voglio lodare i dottori Cocconi e Martin e aggiungo inoltre che certamente i dottori Rinchuse e Kandasamy sono uomini d’onore ma desidero trarre le conclusioni su questo dilemma. L’evidenced-based negli ultimi anni è diventata un riferimento importante nelle discipline mediche, ma certamente non può e non deve essere disgiunta dalla realtà clinica. La nostra disciplina, l’ortodonzia, non ha prestato negli anni la dovuta attenzione all’occlusione come altre discipline (protesi), codificando norme che sovente non soddisfano le regole gnatologiche (per esempio, la norma ortodontica dell’overbite è 2+/-2 mm, quindi un overbite di 0 mm al termine della terapia è ritenuto corretto anche dal punto di vista dell’evidenced-based ma possiamo definirlo gnatologicamente sufficiente a garantirci la disclusione posteriore, ormai acclarato obiettivo di funzione adeguata?). Rinchuse e Kandasamy riconoscono l’importanza dell’articolatore in protesi, ma incomprensibilmente affermano che in ortodonzia (disciplina che, ricordiamolo, più di tutte modifica l’occlusione) sia del tutto inutile. Per ciò che concerne i disordini temporomandibolari affermano poi che la loro origine in realtà sarebbe multifattoriale con una componente biopsicosociale importante. Forse su questo argomento sarebbe meglio esaminare il parere di due giganti dell’occlusione, i dottori Dawson1 e Okeson4, incontestati protagonisti del panorama gnatologico degli ultimi decenni. La valutazione dell’articolazione temporomandibolare rappresenta, per questi illustri Autori, un passaggio diagnostico imprescindibile di ogni trattamento arrivando addirittura a consigliare ai protesisti di collaborare solo con ortodontisti del gruppo FACE, gli unici che prestano la dovuta attenzione alla CR.

In conclusione, un’attenta analisi delle argomentazioni sopra esposte mi fa propendere verso il montaggio in CR come valido ausilio diagnostico in ortodonzia, e a suffragio di ciò mostrerò due casi clinici.

Materiali e metodi

L’articolatore è uno strumento meccanico che serve a riprodurre il movimento che compie la mandibola. Quello che utilizzo è della sistematica AD2, di tipo Arcon (ARticulator CONdyle) a valori semi-individuali. La cera Delar è utilizzata per registrare la CR, che si ricercherà eseguendo la manovra Power Centric di Roth.

Il montaggio in articolatore evidenzia l’elevata frequenza di discrepanze tra CR e CO, in quanto come afferma Roth ”per via dell’assenza del controllo neuromuscolare nell’articolatore, non vi sono interferenze cuspali ed il montaggio in CR ci mostrerà la reale occlusione del paziente”. Questo cambiamento della posizione mandibolare è conosciuto come “scivolamento di centrica” e rappresenta la discrepanza tra CO e CR, che può essere misurata usando lo strumento Measures Condyle Displacement (MCD) illustrato in . MCD ha tre piani di registro indipendenti, due laterali  ed uno centrale.

I piani di registro laterali consentono di misurare la discrepanza condilare sagittale (antero-posteriore) e verticale, mentre il piano di registro centrale misura la discrepanza condilare trasversa.


Casi clinici
Caso n. 1

Il primo caso presenta una malocclusione di II Classe Divisione 1. La paziente è vicina al picco di crescita puberale.

Il montaggio in CR mostra un aggravamento della II Classe.

Risultato al termine della I Fase di trattamento.

Le foto finali mostrano una buona risoluzione della malocclusione, ma siamo certi di non aver creato un doppio morso? Il montaggio in CR conferma il risultato raggiunto.


Caso n. 2

Questo caso presenta una malocclusione di I Classe con affollamento importante in entrambe le arcate.

 

Al termine del trattamento la malocclusione è stata risolta con una buona coincidenza CO/CR, ma per via delle usure nella zona anteriore di entrambe le arcate, da canino a canino, il paziente non ha guide adeguate.

 

 

Per garantire guide adeguate che consentano la disclusione posteriore nei movimenti escursivi si rende necessaria la ricostruzione dei 6 denti frontali, superiori ed inferiori. In questo caso, il montaggio in CR consente di simulare, attraverso la ceratura diagnostica, il risultato finale.

 

Risultato finale dopo le ricostruzioni.

 

Il trattamento, multidisciplinare, ha consentito di ottenere guide adeguate.

 


Conclusioni

La scelta di montare o non montare i casi ortodontici in CR deve prendere in considerazione diversi aspetti, che vanno dalla valutazione della reale chiusura del paziente con la ricerca del primo contatto, alla valutazione del risultato ottenuto fino alla pianificazione adeguata nei casi multidisciplinari. Già solo questi 3 punti rappresentano validi motivi per optare a favore del montaggio. Il mio consiglio, da clinico, è di iniziare a montare i casi confrontando le informazioni ricavate dall’introduzione di questa nuova procedura a ciò che si faceva prima. Sono certo che scoprirete un mondo nuovo e molto difficilmente tornerete indietro.

31/3/2016